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LA SCOMMESSA DI DIO CON SATANA, Giobbe

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iangida
view post Posted on 12/9/2007, 16:57




VI POSTO IL RIASSUNTO DELLA STORIA DELLA SCOMEMSSA DI DIO CON IL DIAVOLO





IIª APPENDICE: RIASSUNTO COMMENTATO DEL LIBRO DI GIOBBE 1

IL PROLOGO [capp. 1-2]
Prima scena: E' occupata da un ritratto di Giobbe: simbolo di perfezione morale e sociale, egli è personaggio di rango della sua comunità, ricco proprietario terriero (bestiame e case) possiede anche la ricchezza del seminomade (cammelli e tende); patriarca attento e dedito al culto, è padre esemplare di sette figli e tre figlie: ogni giorno per loro e in espiazione dei loro peccati immola fedele un olocausto.
Seconda scena: Si svolge nella sfera celeste, descritta secondo uno schema caratteristico della teologia biblica ed extrabiblica: il Signore, come un sovrano, è assiso al centro del suo consiglio, composto dai vari "vizir", che nella versione politeistica sono le divinità minori del pantheon e per la Bibbia sono angeli. Tra questi ministri ha una posizione di rilievo "il satana" (nell'ebraico ha sempre l'articolo perché non indica una creatura specifica, ma un ufficio di corte),"l'avversario", una specie di pubblico ministero che ha funzione di difendere i diritti divini e verificare l'obbedienza dei sudditi (la Fede). Tale personaggio non ha ancora assunto i suoi tipici connotati "diabolici", come avverrà in seguito nella tradizione biblica e tardo giudaica. Il vertice della questione sollevata dal satana è appunto: "Crede Giobbe in Dio?". Il dibattito dell'opera non verterà quindi sul mistero della sofferenza, che sarà solo l'occasione e il mezzo per verificare la solidità della fede di Giobbe. Contro la posizione pessimistica e sarcastica del satana, si oppone l'ottimismo divino, che dà credito alla bontà dell'uomo. Il satana viene comunque autorizzato a sondare la fede di Giobbe:
"Disse allora Jhwh: Bene! Metto nelle tue mani tutto ciò che egli possiede. Però lui non lo devi toccare!" E il satana si ritirò dal cospetto di Dio.
Terza scena: Giobbe viene messo alla prova. Il quadro si oscura ed è dominato dalla disgrazia che si abbatte su Giobbe: Sabei e Caldei, bande armate di predoni beduini, razziano tutto il bestiame e massacrano i guardiani; un fulmine piomba dal cielo e si propaga tra le greggi e pastori, ardendoli vivi; un uragano scoperchia la casa, devasta le tende ed uccide i figli e le figlie. Giobbe allora si alza, lacerandosi il manto, poi, prostrato esclama: "nudo dal grembo di mia madre uscii, nudo ad esso tornerò. Il Signore ha dato, il Signore ha strappato, benedetto il nome del Signore!".
In tutta questa vicenda egli non peccherà né lancerà attacchi contro Dio
Quarta scena: L'obbiettivo ritorna in cielo: Dio dà udienza ai propri ministri, tra loro c'è anche il satana. Domanda Jhwh al satana: "Hai notato il mio servo Giobbe? Sulla faccia della terra nessuno è come lui, persona perfetta e giusta, fedele a Dio e nemico del male. Tu mi hai incitato contro di lui per rovinarlo. Ma senza risultato: egli persiste nella sua perfezione".
Replica il satana: "Pelle per pelle! Per salvarsi la vita l'uomo è pronto a lasciar tutto. Prova perciò a stendere la tua mano e a colpirlo nelle ossa e nella carne: certo ti scaglierà in faccia maledizioni!".
Jhwh allora dice al satana: "Ecco, te lo metto nelle mani. Però la sua vita non la devi toccare!" Ritiratosi dalla presenza di Dio, allora il satana colpisce Giobbe con un'infezione maligna, che lo avvolge da capo a piedi.
Quinta scena: L'esecuzione è immediata. Percorso nella pelle intera da una piaga maligna, Giobbe afferra un coccio per grattarsi, si rifugia fuori dalle mura della città e va a sedersi sull'immondizia. Con lui, resta solamente la moglie che lo incita a morire, gustandosi almeno l'ultima consolazione della vendetta impotente: maledire il boia che lo ha condannato ingiustamente. Giobbe tuttavia rifiuta tale soluzione, e replica definendo follia e insipienza, superficialità e vanità il ragionamento della moglie.
Sesta scena: Appaiono all'orizzonte del dramma i tre personaggi che saranno comprimari con Giobbe in un'ampia sezione del libro: Elifaz l'edomita, Bildad di Shuah e Zofar di Naamah. All'inizio paiono tre amici compassionevoli, tutti carichi di simpatia nei confronti dell'amico sventurato. Contro un Dio spietato, essi rappresenterebbero la solidarietà umana: gridano, piangono e, secondo il rito orientale di lamentazione e cordoglio, si stracciano le vesti e si cospargono il capo di cenere. Ma il dibattito travolgerà ogni falsa compassione e allora si vedrà il vuoto totale che circonda il sofferente.

IL DIALOGO GIOBBE-AMICI [capp. 3-27]

-1°intervento: Il primo a intervenire è Elifaz, proveniente da Edom, il tradizionale nemico di Israele; nei suoi interventi è sempre discreto e calibrato, non vuole applicare direttamente a Giobbe le sue riflessioni sul dolore come segno del peccato e lascerà a Giobbe di trarne le naturali conseguenze personali. Secondo Elifaz, che con umiltà si colloca anch'egli tra i peccatori, la prova del dolore è quasi un dono, perché, attraverso essa, l'uomo è purificato e liberato dal suo male profondo: "E' dai sotterranei dell'uomo, dalla sua coscienza, che affiorano i peccati e le miserie che si traformano in pestilenze e malattie.". Solo riconoscendo questa devastante forza che l'essere umano porta in sé, è possibile ritrovare la pace e accogliere la prova. In risposta a tale dialettica, Giobbe riafferma il suo diritto al lamento. Egli sperimenta intorno a sé come un muro di ostilità: Dio, amici, la vita stessa sono altrettante forze avversarie che lo tormentano e lo costringono a una continua lotta e difesa. Il desiderio della morte, dell'estinzione fisica sembra ancora una volta l'unico spiraglio liberatore. Rimasto solo, con la sua carne tempestata di croste, Giobbe rivolge una preghiera a Dio quasi blasfema: "Quando finirai di spiarmi e mi lascerai inghiottire la saliva?". A Dio, tiranno implacabile e carceriere, l'uomo non chiede salvezza ma solo una pausa nella tortura.
-2°intervento: Entra in scena Bildad, il giurista, che porta un attacco implicito alla colpa di Giobbe: essendo impossibile che Dio sia ingiusto, i figli di Giobbe sono morti perché avevano peccato; al loro padre è offerta la possibilità di conversione, che sarà la radice di un rinnovato benessere. Un po' disgustato dall'amico che, nella sua gelida ortodossia, anziché difenderlo si è schierato con Dio, il più forte, Giobbe argomenta dichiarandosi d'accordo con il principio dell'amico, secondo cui Dio ha sempre ragione: questo è vero non perché Egli sia giusto e fedele, ma solo perché il suo è un potere assoluto, dispotico e arbitrario, fondato sulla sua indiscutibile potenza e superiorità. Giobbe è dominato da un'impotente indignazione: egli non può contraddire Dio, né costringerlo a giustificarsi. Non può neppure purificarsi da colpe che ha coscienza di non aver compiuto, per cui il suo desiderio di espiazione sarebbe solo falso e senza sbocchi. Né gli è possibile chiamare in causa Dio, in un processo in cui siano garantiti i diritti dell'accusato: non esiste infatti un arbitro o un mediatore tra Dio e l'uomo. Quindi, l'amarezza di Giobbe sfocia nella protesta, al limite del blasfemo: "Non sarà forse Dio l'inesorabile nemico di Giobbe, proteso come una tigre su di lui per sbranarlo? Se così fosse, meglio sarebbe che Dio lo lasciasse in pace, abbandonandolo alla sua morte.
-3°intervento: Entra ora in scena Zofar, il prototipo della sapienza popolare, come Elifaz rappresentava la profezia e Bildad il diritto all'alleanza. Egli è l'unico dei tre amici che aggredisce Giobbe direttamente, con tono aspro, applicando subito alla sua vita il nesso peccato-castigo, con estrema sicurezza e rigidità. E' inutile che Giobbe vaneggi di diritti e processi: Dio non farà appello alla forza, né abuserà del suo potere, ma con la sua superiore sapienza farà balenare davanti agli occhi di Giobbe “Tutti i segreti che egli solo sa, anche quelli che Giobbe conserva nascosti in sé. Solo allora il sofferente comprenderà la causa del suo dolore e si avvierà sul cammino della conversione.”
A questo punto, Giobbe è allibito, schiacciato da un lato dal terrorismo divino espresso nelle prove senza tregua, dall'altro dal terrorismo ideologico degli amici. Eppure Giobbe ha demolito tutte le obiezioni e risposto alle accuse: non ha mai maledetto Dio, come aveva scommesso il satana, non ha accolto le soluzioni sbrigative degli amici, non ha chiesto un perdono che, essendo dettato solo da ragioni di convenienza e non dalla coscienza, sarebbe solo stato opera di ipocrisia. Quasi ignorando il discorso irriverente e irrilevante di Zofar, Giobbe riprende la sua ansiosa ricerca di verità.

L'ARRINGA DI GIOBBE [capp.12-20]

Giobbe apre il nuovo ciclo di interventi con un discorso a formulazione prevalentemente giudiziaria, basata sul diritto processuale ebraico, in cui in effetti dimostra di essere informato sull' Onnipotente tanto, se non di più, quanto lo sono gli amici teologi che l'accusano. Si giunge così alla seconda parte dell'arringa, in cui Giobbe, il miserabile, vuole parlare chiaramente davanti a Dio.
In questo dibattito Giobbe pone una condizione sola: che il processo sia onesto, senza ricorso al terrore e alla violenza, essendo scontata la preminenza di Dio. La requisitoria contro Dio è breve e veemente: se Dio accusa l'uomo, allora provi le sue accuse, dato che sembra compiacersi nel sottolineare i difetti delle sue creature:” dà i piedi della libertà all'uomo e poi li mette in ceppi; fa l'uomo debole e indifeso e poi infierisce crudelmente su di lui, perseguitandolo senza tregua.” Da accusato, Giobbe si trasforma in accusatore; se Dio ha creato l'uomo razionale, allora deve dar risposte razionali ai suoi legittimi interrogativi. Dopo questa violenta requisitoria, Giobbe passa a un discorso più distaccato e meditativo. Il suo problema personale si estende alla miseria della condizione umana in generale.” Davanti a Dio, l'uomo sarà sempre fondamentalmente impuro e quindi Giobbe riconosce la velleità del suo desiderio di discutere con Dio. Il vegetale ha più speranza dell'uomo, perché un tronco morto può ancora germogliare, mentre l'uomo è spento per sempre nella morte: la speranza di un 'oltrevita resta solo un sogno irreale, eppure sarebbe l'ultima possibilità per ristabilire giustizia e donare pace all' uomo: allora Dio, stanco di perseguire la sua creatura, l'accoglierebbe accanto a sé pieno d'amore, finirebbe l'incubo del controllo perenne e Dio non registrerebbe più i peccati dell'uomo con l'accanimento di un contabile: "Tu sigilli in un sacchetto i miei errori" 2 . Nonostante questa incessante contesa con Dio, Giobbe riconosce quindi l'esistenza di un legame indistruttibile tra i due: l'uno non può fare a meno dell'altro, Dio tornerebbe a cercare l'uomo dopo averlo annientato e l'uomo autentico, insoddisfatto di spiegazioni parziali, capaci solo di produrre "sofismi di cenere", ritornerebbe sempre a Dio.

II DIALOGO DIO-GIOBBE [capp. 29-31]

Inizia ora l'ultimo e decisivo atto del dramma di Giobbe. Giobbe all'inizio occupa interamente la scena, rievocando in un ampio monologo i suoi ricordi e le sue pene, chiamando in causa per un'ultima volta il grande responsabile finora silenzioso. E Dio all'improvviso accetta di compiere la sua deposizione processuale, facendo finalmente balenare a Giobbe un' inattesa enunciazione: pronuncia due discorsi articolati in strofe grandiose, dalle quali emerge il mondo delle meraviglie cosmiche (terra, mare, astri, costellazioni, aurore, animali di ogni tipo, i mostri Behemot e Leviatan...) Giobbe è un pellegrino stupito tra questi misteri, di cui non sa sondare che qualche particella microscopica, mentre Dio li percorre come sovrano onnisciente e onnipotente. Da accusato, Dio diventa giudice supremo e inattaccabile e chiede a Giobbe: “E tu chi sei? Sei forse il Creatore?"
Così termina la ricerca di Giobbe: " Io ti conoscevo solo per sentito dire, ora i miei occhi t'hanno veduto".
Con quest'ultima parola, Giobbe chiude il processo e la sua ricerca. Secondo la tradizione più ortodossa della "giustificazione divina", l'epilogo si compie tramite la benedizione patriarcale, con il suo apparato di pecore, cammelli, asini, figli e figlie, di prosperità, longevità e vecchiaia felice, quale appunto riconoscimento ufficiale della giustizia di Giobbe, non offuscata dalla prova. Tuttavia, la traduzione greca dei Settanta non si accontenta del trionfo fisico di Giobbe ed aggiunge questa glossa finale: "Sta scritto che Giobbe risorgerà di nuovo, insieme a coloro che il Signore risusciterà".

 
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RyuH
view post Posted on 12/9/2007, 17:11




Interessante questo passo. Anche se qui emerge ancora la crudeltà che mostra quanto sia incoerente il cristianesimo. Nulla toglie però che sia una bella favola :)
 
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iangida
view post Posted on 14/9/2007, 06:04




ma tutte le religioni sono incoerenti, però continuano a essere uno dei riferimenti principali degli esseri umani che, evidentemente, non cercano la coerenza. Per quanto riguarda satana, il discorso è estremamente complesso e l'atttuale satanismo, di cui peraltro non ho una conoscenza approfondita, non ha molto a che vedere con la reale stporia della figura di satana nel corso dei secoli. CI sarebbe da fare il discorso del rapporto del cristianesimo con le altre religioni, il cristinesimo è una religione "giovane", arrivata "tardi", che ha ripreso i principali elementi e simboli della tradizione religiosa millenaria della civiltà mediterranea e li ha trasformati a adattati alle proprie esigenze. Per esempio le pricipali denominazioni di satana e dei suoi "collaboratori", risalgono a divinità di altre religioni, demonizzate dal cristianesimo: Astaroth che in realtà rimanda alla dea madre fenicia e cananea Astarte, e si potrebbe continuare: belial, belfagor, belzebù ... Ci sarebbe poi tutto il discorso della stregoneria e del diavolo nel medioevo fino al '600. Emerge, molto in sintesi, la ridefinizione operata dal cristinesimo di molti degli elementi dell'antica religione mediterranea del culto della dea madre, come elementi diabolici riferiti alla figura di satana. ma ora basta che sono già le 7 ed è ora di prendere il secondo caffé :-)
 
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RyuH
view post Posted on 14/9/2007, 12:30




Beh aggiungere tra i vari "satana" precedenti al cristianesimo le figure di Ea/Enki. Dio buono dell'acqua rappresentante il potere(mi pare).
 
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M16A1
view post Posted on 21/1/2008, 21:57




nel racconto io non ci vedo nulla di malvaggio....perche dio sta solo mettendo alla prova giobbe,non li ha tolto tutto per cattiveria....infatti poi li ha reso tutto quanto.........io credo che il racconto dovesse far capire agli uomini che non sela devono prendere con dio per le loro disgrazie,perche se si comportano bene tutto cio che li viene tolto alla fine li viene restituito......
 
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iangida
view post Posted on 21/1/2008, 23:30




be insomma, nulla di male non direi .... dimentichi un piccoli particolare, che mogli, figli, parenti di Giobbe, assolutamente innocenti, sono fatti morire in conseguenza della scommessa, come se la loro vita non contasse nulla, è vero che poi tutto gli viene reso, nel senso che si risposa e ha altre mogli e altri figli e altri parenti, ma quelli che sono morti morit restano e non mi sembra molto carino da parte di dio .....
 
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PiccolaPrinci
view post Posted on 22/1/2008, 00:15




Ma nella vita purtroppo è così.. prima o poi dobbiamo morire tutti :(
Ci son troppe cose ingiuste...non solo quello!
 
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RyuH
view post Posted on 23/1/2008, 15:01




CITAZIONE
be insomma, nulla di male non direi .... dimentichi un piccoli particolare, che mogli, figli, parenti di Giobbe, assolutamente innocenti, sono fatti morire in conseguenza della scommessa, come se la loro vita non contasse nulla, è vero che poi tutto gli viene reso, nel senso che si risposa e ha altre mogli e altri figli e altri parenti, ma quelli che sono morti morit restano e non mi sembra molto carino da parte di dio .....

bah io continuo a sostenere ke la bibbia è stata fraintesa e il buono è Satana....e lo dico da ateo..satana rappresenta l'umanità dell'uomo in tutto,sia lati buoni che cattivi e non fa altro che condurre l'uomo a queste tentazioni che sono la sua stessa natura. Dio invece decide chi vive e chi muore...bah. Ripeto secondo me la bibbia è stata interpretata male ma d'altronde la storia è sempre scritta dai vincitori :)
Dio è il primo boss mafioso della storia. O gli sei fedele come "picciotto" sennò paghi caro.

Questa almeno è la mia interpretazione della bibbia.

ps:prima che qualcuno cominci a pensar male, no, non credo in satana e non credo nemmeno in Dio =)
 
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7 replies since 12/9/2007, 16:57   1941 views
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